Basil Wolverton: fumetti, spaghetti e polpetti

Se avete pensato che siamo pazzi, non appena avete letto il titolo di questo blog, beh… sì, un po’ pazzi potremmo anche esserlo. Fumetti, spaghetti e polpetti è un titolo perfetto per un articolo su Basil Wolverton e ha le sue ragioni ma, anche se non le avesse avute, siamo sicuri che il buon Basil avrebbe apprezzato ugualmente.

Basil Wolverton (1909, Oregon – 1978, Washington) è un fumettista, illustratore e caricaturista (ma anche ferroviere, suonatore di ukulele, tipografo, giornalista…) al quale il fumetto underground e alternativo americano deve moltissimo. Le illustrazioni per le quali è particolarmente noto (caricature di personaggi famosi o persone che incarnano gli stereotipi della società americana) non passano inosservate a causa delle deformazioni fantasiose delle anatomie e un senso spiccato per il grottesco. Per farvi un’idea, vi basta pensare che lo stile di disegno di Wolverton è stato soprannominato “Spaghetti and Meatballs” (Ecco spiegato il motivo del bizzarro titolo di questo blog). Inoltre il suo biglietto da visita recitava:

“Producer of Preposterous Pictures of Peculiar People Who Prowl This Perplexing Planet”.
(Produttore di Assurdi Ritratti di Gente Bizzarra che Girovaga per Questo Imbarazzante Pianeta)

Lavorando tra gli anni Trenta e gli anni Settanta, Wolverton vive l’era pre e post-Wertham (autore del libro Seduction of the Innocent) del fumetto americano, conoscendo sia l’epoca d’oro dei comics sia gli anni di crisi dovuti alla fondazione del Comics Code Authority. Tra i meriti di Wolverton, oltre ad aver anticipato e ispirato la rivoluzione underground durante gli anni Sessanta, rientrano l’aver disegnato la donna più brutta del mondo, aver creato un villain nato dalla fusione tra Hitler e Mussolini, aver illustrato la Bibbia a modo suo e aver collaborato con alcuni degli editori americani più importanti, come la futura Marvel, la DC e la E.C. Comics.

Come per ogni carriera, non tutto è stato rose e fiori: anzi, leggendo la biografia di Wolverton è impossibile non notare diverse “occasioni mancate” che avrebbero potuto far decollare la sua carriera prima di quando poi sia effettivamente accaduto. Ad esempio, nel 1929 viene contattato dall’Indipendent Syndicate di New York per pubblicare la sua prima strip di fantascienza, Marco of Mars, ma alla fine il progetto naufraga per evitare accuse di plagio da parte dei distributori di un’altra serie sci-fi che, all’epoca, era seguitissima: Buck Rogers. Poco dopo, invece, un editore accetta di pubblicare il suo romanzo breve The White Peril of Venus, illustrato da lui stesso, ma all’epoca Wolverton fa talmente tanti lavori per sbarcare il lunario da non riuscire a fare le ultimi correzioni richieste. Risultato: la storia non viene mai pubblicata.

Durante gli anni Trenta, Wolverton legge sul giornale un annuncio della Disney, che all’epoca ha in cantiere il cartone animato Biancaneve per il quale cerca urgentemente nuovi animatori. Wolverton manda alcune tavole di prova con il personaggio di Topolino, ma viene scartato. Si aggiunge, a questa e alle altre occasioni mancate, una serie di sue strip che chiudono prima del tempo a causa di problemi editoriali di varia natura, portandolo al punto da non poter più sopportare l’ambiente del fumetto seriale.

Ma con queste osservazioni non vogliamo dipingere Basil Wolverton come un autore che “avrebbe potuto farcela”, anche perché in realtà la sua bella carriera l’ha avuta eccome… Semplicemente, non vogliamo che si dimentichino i fallimenti e le difficoltà anche dietro ad una bella storia!

Come molti fumettisti, Wolverton disegna fin da bambino. A 4 anni ama ritrarre freaks e personaggi insoliti e grotteschi, probabilmente visti al circo e in altri spettacoli itineranti. A 11 anni vende già le prime caricature ai clienti di un negozio di alimentari, mentre legge fumetti come The Katzenjammer Kids di Rudolph Kids (Bibì e Bibò in italiano) e Barney Google di Billy DeBeck, un altro fenomeno fumettistico degli anni Venti. Insomma, disegnare gli piace, ma matura molti altri interessi: impara a suonare l’ukulele, legge i pulp magazine, si appassiona di astronomia e recitazione. Non a caso, prima di decidere di diventare un cartoonist, lavora come comico negli spettacoli di vaudeville, dove improvvisa battute nonsense, canzoncine in rima e balli divertenti.

I suoi primi lavori, un testo comico e una vignetta, vengono pubblicati dalla rivista umoristica American Humor nel 1926: ha 17 anni. Nel frattempo comincia a lavorare come illustratore e giornalista per il Portland News, dove crea la sua prima strip: Woozie Woofer, le storie comiche di un cane parlante.

Tra gli anni Trenta e Quaranta, Wolverton dimostra di preferire le strisce di genere fantascientifico: oltre al già citato Marco of Mars, lavora a Ethan Downing, Milt Archer, Shock Shannon e Space Patrol, in cui già si riconosce una certa inclinazione per il tratto grottesco (e appaiono alieni decisamente mostruosi). La sua serie sci-fi più nota, però, è sicuramente Spacehawk, pubblicata su Target Comics dal giugno del 1940. All’epoca nei fumetti erano già apparsi i primi supereroi (The Phantom comincia ad uscire nel 1936, mentre la prima avventura pubblicata di Superman è del 1938) e questo si nota anche in Spacehawk: il protagonista infatti è un alieno (anche se con sembianze umane) particolarmente forte e, almeno per i primi episodi, con il volto nascosto da una maschera.

Spacehawk è abbastanza apprezzato dal pubblico, almeno fino a quando l’editore non spinge Wolverton ad inserire i Nazisti come nemici del protagonista, proprio come sta avvenendo in altri comic book (basti pensare a Capitan America, serializzato dal 1941). I lettori percepiscono il cambio di rotta della serie: in Spacehawk il pianeta Terra non era nemmeno mai stato nominato, poi all’improvviso il personaggio si ritrova a combattere in una sorta di dimensione parallela dove, invece di Mussolini e Hitler, il cattivone della situazione è un certo Moosler.
Privato delle sue avventure sparpagliate in diversi angoli della galassia, Spacehawk non cattura più l’interesse dei suoi lettori e viene sospeso.

Wolverton prova a pubblicare altre strisce di fantascienza, prima di buttarsi su quelle umoristiche. Per U.S.A. Comics (comic book della Timely, la fututa Marvel) pubblica Rockman – Underground Secret Agent e per Amazing Man Comics pubblica la serie Meteor Martin, ma Wolverton, a lungo andare, non riesce più ad accettare le restrizioni a cui gli editori lo costringono. Splash Morgan, serie pubblicata nel 1942 su Comedy, segna il passaggio dal fumetto fantascientifico a quello umoristico (si tratta, infatti, di una parodia di Flash Gordon).

Il personaggio comico più famoso di Wolverton è sicuramente Powerhouse Pepper, pubblicato dal 1942 in un altro comic book della Timely Comics. Il protagonista è un boxer dal cuore d’oro, dotato di una forza sovrumana, un eroe generoso che prende ispirazione da uno dei miti di Wolverton: Popeye (Braccio di Ferro).

Il personaggio diventa parecchio popolare, così tanto da meritare una serie tutta per sé, ma la sua pubblicazione è particolarmente scostante: infatti ne escono solo 5 numeri tra il 1943 e il 1948. Nonostante gli attriti con gli editori, Wolverton continua comunque a scrivere e disegnare parodie di fumetti fantascientifici, western e noir, ma anche dei cosiddetti how-to books (manuali per imparare ogni genere di cose) che all’epoca spopolano in America.

Basil Wolverton riesce a raggiungere un ampio pubblico nel 1946, non con una comic strip ma grazie ad un concorso che il fumettista Al Capp organizza all’interno delle pagine di Li’l Abner. Capp chiede ai suoi lettori di disegnare come immaginano uno dei suoi personaggi: Lena the Hyena, una donna talmente brutta da non essere mai stata mostrata in Li’l Abner.

Wolverton vince il concorso e la sua illustrazione viene pubblicata e vista da un gran numero di persone, tant’è che la rivista Life non solo decide di raccontare la sua vittoria, ma gli commissiona una serie di caricature di personaggi politici. Questo è l’inizio di una carriera di successo come illustratore e caricaturista, non solo di personaggi celebri ma anche di stereotipi dell’americano medio.

“Dicono che i miei disegni sono raccapriccianti, io disegno la gente come la vedo e la gente in generale è assolutamente raccapricciante, specialmente quando si lascia andare”.

B. Wolverton, citato in Basil Wolverton – Caricature di Enrico Sist

Durante gli anni Cinquanta le sue illustrazioni hanno così tanto successo che Wolverton tiene addirittura uno show radiofonico tutto suo, The Caricature Club. Tuttavia non abbandona il fumetto: infatti non solo realizza una serie di storie grottesche per vari editori, ma collabora anche con Mad (il primo numero esce nel 1952), la rivista di E.C. Comics che cambia per sempre il modo di fare fumetto umoristico.

Per Wolverton questo è un decennio davvero poliedrico: caricature, illustrazioni per Mad, strambi biglietti d’auguri e, per non farsi mancare proprio nulla, anche un adattamento della Bibbia (The Bible Story), serializzato sulla rivista religiosa Plain Truth Magazine.

Man mano comunque Wolverton si allontana dal mondo del fumetto (a parte una collaborazione con Plop!, una rivista umoristica della DC, durante gli anni Settanta), prediligendo i lavori come illustratore. Memorabili tra gli adolescenti degli anni Sessanta sono sicuramente i cosiddetti Ugly Stickers, una serie di adesivi con i quali i ragazzi “abbruttiscono” diari, quaderni, scatolette per il pranzo, ecc… Inoltre dal 1967 i giovani possono personalizzare ancora di più i loro oggetti di uso quotidiano con un vero e proprio “alfabeto wolvertiano”: le Nutty Initials!

Lo stile di Wolverton ovviamente non piace a tutti, anzi, viene spesso criticato di essere di pessimo gusto, ma le giovani generazioni sono affascinate dai suoi mostriciattoli e dalle sue creature bizzarre. Come i demonietti di Hieronymus Bosch, i mostri di Wolverton sono orripilanti, ma non per questo smettiamo di guardarli: anzi, rimaniamo disgustosamente affascinati da quelle deformità, da quei dettagli ripugnanti, da quelle anatomie portate all’eccesso.

Del resto deve esserci qualcosa di insito nell’essere umano, e specialmente negli adolescenti, che ci porta a rimanere affascinati dalle cose disgustose: basti pensare a quando da bambini volevamo ardentemente una Fabbrica dei Mostri (almeno, chi è stato bambino negli anni Novanta ne voleva sicuramente una), o il boom che anche oggi continuano ad avere gli slime, gli Skifidol e altre “schifezze” del genere.

Le illustrazioni e le caricature di Wolverton fanno parte di questo tipo di “schifezza affascinante“, che è stata capace di catturare l’attenzione di quei giovani che, più avanti, avrebbero rivoluzionato il fumetto in America. Di sicuro l’opera di Wolverton ha anticipato un bisogno che poi sarebbe scoppiato negli anni Sessanta: il bisogno di fare e leggere un fumetto “alternativo”, ricco di freaks e di personaggi che le nostre mamme non avrebbero voluto mai farci guardare.

Abbiamo accennato a Basil Wolverton e parlato della rivoluzione del fumetto negli anni Sessanta nella Puntata S1-1 di Podcast Povero, con ospite Francesco Ciaponi

Bibliografia

  • Sist Enrico, Basil Wolverton – Caricature, Pordenone, Edizioni Vivacomix, 2001
    (Grazie a La Bottega delle Nuvole, dove abbiamo fortuitamente trovato questo libriccino)
  • Ciaponi Francesco, Niente sarà più lo stesso dopo Basil Wolverton, in “Friscospeaks”, a. I, n. 1, luglio-dicembre 2019, Edizioni del Frisco e Concretipo Studio